Cinque buone ragioni per cui diciamo un convinto NO al premierato proposto da Giorgia Meloni.
1. Perché la riforma parte da un presupposto falso: i problemi di governabilità dell’Italia non dipendono dal disegno della Costituzione, che resta valido, ma dalla crisi di credibilità della politica. Colpa del sistema bipolare – creato da leggi maggioritarie anticostituzionali – che produce maggioranze conflittuali, formate da partiti con proposte demagogiche, irrealizzabili una volta al governo, e con una classe dirigente di bassa qualità – i “nominati” – perché selezionata sulla base della cieca fedeltà al “Capo” e non del merito.
2. Perché l’elezione diretta del “Capo del Governo” introduce una eccessiva personalizzazione della leadership (un uomo/una donna sola al comando) che non è compatibile con il sistema parlamentare delineato dalla Costituzione e che rischia seriamente di aprire la strada a derive autoritarie.
3. Perché l’elezione diretta del “Capo del Governo”, e in più il sistema elettorale maggioritario blindato in Costituzione, portano a un rafforzamento artificiale della maggioranza parlamentare, creando una oligarchia al potere, e indeboliscono il principio di rappresentanza e i diritti delle minoranze.
4. Perché attraverso un rigido meccanismo di formazione del Governo si indebolisce il ruolo di garanzia e di mediazione del Presidente della Repubblica; ruolo costituzionale che in questi anni è stato positivamente sperimentato e che ha risolto crisi alle quali i partiti non sapevano dare risposta. Ridurre Sergio Mattarella, di cui tutti gli Italiani apprezzano equilibrio e saggezza, a un ruolo decorativo, è una regressione inaccettabile e pericolosa.
5. Perché nel caso di fallimento del “Capo del Governo” eletto direttamente, è prevista l’assurda incoronazione del vice-Capo: che lavorerà per logorare e far cadere il primo… come ben vediamo già ora nelle tensioni che Matteo Salvini crea alla premier Meloni.
Noi pensiamo che per migliorare la governabilità del Paese non servono scorciatoie autoritarie. Sono invece fondamentali:
• una (auto-)riforma dei partiti nel rispetto dell’art. 49 della Costituzione, ora ignorato, che ne migliori la democrazia interna e la partecipazione dei cittadini e dell’associazionismo;
• il pieno ritorno alla sovranità popolare con la libera competizione tra partiti (tutti con le stesse condizioni di accesso alle elezioni per stimolare un’offerta programmatica più attenta ai bisogni reali della gente) e con la libera scelta delle persone per avere eletti alle cariche pubbliche qualitativamente migliori. In questa prospettiva è fondamentale passare a un sistema elettorale proporzionale con preferenze.